"La parete franata probabilmente era un fronte di cava abbandonato mentre la zona del ciglio era occupata da due fasce coltivate che sono crollate. Ora rimangono altre fasce coltivate.
Temo che la permeabilità del suolo alle spalle della frana non sia stato un bene.
La galleria del Pizzo all'imbocco ha un tratto artificiale: lavori di messa in sicurezza eseguiti verso al fine anni 80. Ci sono analogie con la frana di Via Digione, a Genova Di Negro: per fortuna che qui non ci hanno costruito un palazzo.
Attualmente c'è un rischio di un allargamento verso ponente al di sotto di un paio di fascette della Villa che è stata costruita sul ripiano a monte della scarpata (I blocchi che si vedono nella foto): la casa non è in pericolo.
La fascia rimasta visibile nella foto è destinata ad arretrarsi: una scarpata in terra verticale di circa tre metri tenderà a disporsi su un angolo più stabile (minimo 40°) e la sicurezza si raggiungerà riducendolo ad un massimo di 30 gradi e proteggendo il fronte con opere di regimazione idraulica. Però dovranno ricercare soluzioni che possano rendere agibile l'Aurelia in tempi rapidi. Ciò complica un po' le cose: ci sarà un palleggio di responsabilità tra Comune, Anas e proprietari dei terreni. Inoltre ci sarà anche un'inchiesta penale che non favorirà una rapida soluzione e, conseguentemente le inchieste civili. Oltretutto c'è anche un ferito grave.
Vi sono anche dei problemi legati alle proprietà dei terreni che innescheranno un palleggio di responsabilità su chi doveva fare che cosa. Teoricamente il proprietario dovrebbe fare in modo che la frana non danneggi la proprietà altrui: in quel punto c'era una cava (da verificare) ora dismessa (anche il proprietario è tenuto al ripristino ambientale), poi c'è l'Anas che avrà fatto qualche scavo al piede, le autorità che dettero le autorizzazioni..... e così via. Tra causa penale e civili c'è il rischio che la cosa si possa protrarre per almeno una decina d'anni.
Le rocce lì presenti appartengono alle così dette rocce verdi (metabasiti, in questo caso, che possono contenere anfiboli sodici); queste sono in contatto a monte con serpentiniti. C'è la possibilità che in tal caso il materiale franato venga trattato come rifiuto pericoloso.
Suscettività al dissesto |
carta degli elementi a rischio geomorfologico |
Attualmente l'ultima cosa che farei sarebbe quella di rimuovere il materiale franato (a parte i massi isolati sulla strada).
Non scarterei l'ipotesi di ricorrere a difese passive da porre alla base del pendio: cavi e reti paramassi (delle quali deve essere messa in conto la necessità di rifarle dopo ogni crollo; esse agiscono un po' come i cavi freno sulle poraterei) e/o una galleria artificiale (ce ne è una sul capo Noli che proteggeva la ferrovia). Il primo lavoro da fare è, secondo me un disgaggio molto pesante su tutto il fronte ed in particolare sulle parti alte . Si tratta di interventi che vanno accuratamente progettati e valutati in tutte le componenti sopratutto economiche. È possibile che il giudice imponga l'esecuzione dei lavori con riserva di addebitamento alle varie parti ritenute responsabili.
Sicuramente daranno un incarico per il rilevamento in parete da remoto mediante utilizzo di droni dotati di laser scanner (anche se con laser credo possano agire da qualche punto a valle). Attualmente è ben visibile una frattura aperta di una ventina di centimetri, disposta longitudinalmente al pendio che parte da sotto la fascia rimasta. L'area sul Piano di Bacino è nella carta delle suscettività al dissesto, è in PG4 (la più alta). Singolare è che sulla "carta del rischio" proprio quel tratto di Aurelia sia classificato a basso rischio, così come l'area al piede del versante dove dalle foto satellitari sembra ci sia un parcheggio con molte auto. Risulta ad alto rischio il tratto di Aurelia immediatamente a ponente (dove c'è il muraglione mi pare) che non è stato colpito dalla frana".