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mercoledì 21 settembre 2016

OSSERVAZIONI AL PUC


INTRODUZIONE
                                                   
Nell’attesa di una legge in attuazione dell’art. 9 della Costituzione – che azzeri subito tutte le previsioni di sviluppo edilizio nello spazio aperto e obblighi a ridisegnare gli strumenti urbanistici indirizzandoli alla riqualificazione degli spazi degradati, dismessi o sottoutilizzati attraverso interventi di riconversione, ristrutturazione, rinnovamento, restauro, risanamento, recupero e riedificazione, auspichiamo che la nostra amministrazione comunale sposi la visione lungimirante di uno spazio urbanizzato in cui le possibilità di riuso sono sconfinate. Dovremmo essere tutti consapevoli del fatto che lo stop al consumo del suolo non significa sviluppo zero e che in una logica di riuso ogni investimento volto al soddisfacimento di bisogni è al tempo stesso un’azione di recupero ambientale.

Crediamo che per parlare realmente di sostenibilità sia necessario cambiare il punto di vista nello strutturare lo strumento di gestione del territorio:

esso dovrebbe partire dal paesaggio, dalla qualità e dalla sostenibilità ambientale e inquadrare gli interventi sul territorio in funzione di questi. Affinché il cittadino non percepisca la tutela dell'ambiente soltanto come tassa o coercizione, è necessario che il punto di vista del pianificatore parta dal valore ambientale del territorio, altrimenti la pianificazione rimarrà un puro abbellimento di politiche speculative, arricchita di belle parole, svuotate del loro significato.

Riteniamo che l'unico strumento capace di garantire ricchezza in futuro, anche in termini di qualità di vita, sarà quello capace di affermare la dicotomia “ambiente = ricchezza”, “cementificazione = perdita di ricchezza”

Attualmente il nostro tessuto sociale è costituito da operatori commerciali, turistici, artigiani e in gran misura anche da persone che, pur lavorando fuori zona, vi abitano o vi si sono trasferite per la sua dimensione più umana, meno caotica, ricca di bellezze naturali e di tranquillità, in una posizione strategicamente prossima alla grande città.

Colui che amministra deve interpretare questi bisogni spingendo in quella stessa direzione, ricercando le risposte nella terra che ci accoglie e alla quale apparteniamo.

Rispettare il territorio significa valorizzare le sue risorse naturali, dalle zone agricole al litorale; solo così (e non cementificando) si potranno creare nuove opportunità di occupazione e di rilancio turistico oltreché tendere ad un miglioramento della qualità di vita che risponde alla crescente domanda di ritorno alle origini, di vita in un ambiente salubre, di cibo genuino e di contatto con tutti quegli elementi che la natura ci offre e di cui Arenzano è naturalmente ricca, in controtendenza alla società globalizzata e all’insostenibilità dei grandi centri urbani.

Crediamo che la sostenibilità dell'insediamento urbanistico si concretizzi mantenendo l'ambiente naturale, con il corretto funzionamento delle reti tecnologiche e con la qualità delle soluzioni spaziali. Fermando il consumo del territorio, Arenzano smetterà di espandersi con altre colate di cemento e potrà concentrarsi sul recupero di volumi degradati e sul miglioramento dell'esistente, vincolando gli oneri ad un'effettiva riqualificazione.

2.1 I dati del piano urbanistico


Osserviamo che i dati demografici utilizzati, risalenti al 2008, sono inadeguati in quanto sorpassati da una crisi economica e da 8 anni di evoluzione sociale.

Vista l'insufficiente attualità delle informazioni sull'andamento demografico e sulle attività dei cittadini, non vi è un quadro chiaro sulla composizione del tessuto sociale, sui bisogni e sulle esigenze della popolazione, elementi indispensabili per la progettazione del territorio e necessari per ripensare correttamente la rete dei servizi che costituisce la spina dorsale di un corretto sviluppo territoriale.

2.2 Le linee guida


Osserviamo da parte dell’amministrazione l’assenza di una posizione ferma sul consumo di suolo: non ci risulta infatti inserito come una delle principali linee guida, bensì solo citato come una generica “questione ambientale”.

Riteniamo inaccettabile, per uno strumento urbanistico moderno, non porre tra le principali (se non la principale) linee guida, l’arresto al consumo di suolo naturale. In un momento in cui anche le direttive Europee sono finalmente orientate in questa direzione, riteniamo che la pianificazione dovrebbe basarsi su fondamenti morali, etici e civili anziché speculativi.

Riteniamo necessaria una revisione degli obiettivi ponendo l'arresto del consumo di suolo come uno degli indirizzi principali.




3_ OSSERVAZIONI AL PIANO



3.1 L'irrealistica previsione di nuove volumetrie residenziali e il conseguente incremento demografico

La concessione di volumetrie residenziali non è giustificata né dall'andamento demografico né dall'andamento del mercato immobiliare.
Abbiamo un potenziale edificato che copre il fabbisogno abitativo di circa 35.000 abitanti a cui tuttavia non corrispondono servizi a standard adeguati.

Dall’analisi degli stessi dati fornitici dal PUC (relativi all’anno 2008) riguardanti il bilancio insediativo, si evince chiaramente che non vi è nessuna esigenza di costruire “nuovi volumi residenziali”, a fronte di una capacità abitativa tre volte superiore a quella dei residenti attuali.

L’aumento previsto di 1.139 persone non solo non rappresenta incremento demografico reale, ma provoca un aumento di richiesta di servizi e infrastrutture.

Non è chiaro sulla base di quali necessità si ritengano necessarie nuove volumetrie residenziali e ne chiediamo chiarimenti che vadano al di là della politica del “fare cassa”, chiarimenti che tengano in debito conto i dati del mercato immobiliare, che vede attualmente un eccesso di offerta di alloggi in vendita rispetto alla domanda, e delle conseguenze di operazioni immobiliari poco lungimiranti, potenzialmente esposte a fallimento economico, con danni irreparabili per il territorio e l'immagine del Paese stesso.(Esempi emblematici nel vicino territorio di Lerca).

Comprendiamo che alcuni processi sono già in atto, ma una corretta pianificazione serve anche per correggere processi già avviati nella direzione sbagliata, perché superati da necessità storiche.


3.2 Il consumo di suolo naturale o agricolo


E’ doveroso iniziare con una breve serie di dati sui quali si incardinano i principi della nostra politica del territorio

  Il suolo è una risorsa non rinnovabile.

  Occorrono 500 anni per formare 25 mm completi di suolo.

  Un ettaro di suolo naturale trattiene fino a 3.750.000 litri di acqua.

  Un ettaro di suolo impermeabilizzato ha un costo di gestione per la raccolta dell’acqua di circa 6.500 €/anno (fonte Sol seailn institute for Advanced Sustainability Studies (IASS University of Postdam, Germany).

  La perdita di un ettaro di suolo agricolo equivale alla perdita della capacità di produrre cibo per 1.000 persone

  La perdita di 1 ettaro di suolo provoca un’emissione di 0,3 ton di Co2.

  La perdita di suolo riduce l'evapo-traspirazione

  L’energia necessaria per far evaporare la stessa quantità di acqua che assorbe 1 ettaro di suolo naturale in un anno equivale al consumo energetico di quasi 2,5 milioni di KWh.

In termini economici, impermeabilizzare il suolo comporta perdite economiche ingenti che però non sono immediatamente misurabili, ma che verranno pagate dall'intera comunità sul lungo periodo.

Come tutti sanno La Liguria ha il 7% di aree consumate che diventa il 20% prendendo in considerazione la costa, se allarghiamo il perimetro di 100m dalle costruzioni, ovvero includiamo un suolo comunque antropizzato, arriviamo a cifre che sfiorano il 40 % su l’intero territorio nazionale, fatte le debite proporzioni, il dato è allarmante.

Abbiamo sovrapposto le aree in trasformazione e le unità di intervento, ove prevista la nuova edificazione, con una semplice aereo-fotocarta e con la carta del Piano relativa all’uso del suolo, e da quest’analisi si evince che i perimetri di queste aree comprendono zone verdi agricole e boscate, e nello specifico addirittura alcune unità di intervento ricomprese in zone E (ui 7.1-7.2-4.1 e 17.3)e di cui per la 7.1 e 7.2 è stata chiesta variante al PTCP per modificarne l’assetto IS-MA

Chiediamo una giustificazione valida ed esauriente alla decisione di permettere la costruzione di volumetrie in queste aree.

Chiediamo che sia valutato un arresto totale delle nuove volumetrie su suolo vergine e che i perimetri delle aree ove previsto il sedime della nuova volumetria siano limitati a zone con suolo già consumato, e che sia ritagliato ed escluso dagli stessi il tessuto naturale, in particolare quello boscato e soprattutto quello agricolo, sia esso in uso o abbandonato.

Vi sottoponiamo e chiediamo che sia valutata la proposta di normative che

prevedano e facilitino lo spostamento o la concentrazione delle volumetrie previste in zone già impermeabilizzate, evitando perdite di suolo vergine, ovvero l’inserimento di una compensazione dove a superficie naturale persa corrisponda l’obbligo di reintrodurre una quantità superiore di superficie rinaturalizzata.

Questo tipo di procedure porterebbe convenienza a riqualificare zone naturali degradate o a costruire in zone già cementificate, riqualificando finalmente le stesse. La storia urbanistica insegna che non è urbanizzando zone verdi che si riordina la città ma operando sull’esistente con interventi di demolizione, ricostruzione e riqualificazione di un tessuto già degradato.

Proponiamo che gli incrementi volumetrici permessi dalla LR 16/2008 art 10 comma 2 siano autorizzati esclusivamente sul sedime dell’esistente; precisiamo che con la nuova norma nazionale sul consumo del suolo probabilmente sarà svincolato e facilitato anche il sistema della demolizione e ricostruzione.

Chiediamo che sia modificato il rapporto di impermeabilizzazione introducendo un rapporto vicino allo 0, per tutti gli interventi su suolo vergine.

Chiediamo di valutare l’introduzione di uno standard verd e reale, ossia una quantità di alberi da piantumare per ogni abitante e per ogni parcheggio insediato, a compensazione della quantità di CO2 prodotta.

Chiediamo di introdurre l’obbligo che i parcheggi a raso (che costituiscono di fatto una perdita di suolo a cui nessuno accenna), siano costruiti esclusivamente utilizzando pavimentazioni permeabili e siano tutti obbligatoriamente alberati.

A tal riguardo chiediamo che sia favorito se non obbligato l’utilizzo di pavimentazioni che permettono di evitare l’impermeabilizzazione e la perdita di suolo in tutte le sistemazioni esterne pubbliche e private, posti auto, parcheggi, viabilità private o di quartiere, percorsi pedonali etc..

Chiediamo che al punto 4.1.23 delle norme generali sia inserito il vincolo di realizzare nuove piscine private con impianto di fitodepurazione e senza impermeabilizzazione del suolo.

Chiediamo di riprendere, nei limiti delle Leggi Regionali di disciplina dell’Attività Edilizia 16/2008 e seguenti, che definiscono i parametri edilizi, la definizione di superficie accessoria che ha contribuito, e che contribuisce ancora oggi a produrre tanti abusi.

Sappiamo tutti che 1 mq di superficie agibile producono tre volte tanto di consumo di suolo (tra accessori, pertinenze, locali non agibili, locali tecnici, etc previsti dalla 4.2.5 e conseguenti infrastrutture).

Chiediamo che il Comune introduca un indice in grado di valutare l’intera superficie (o volumetria) creata come occupazione di suolo, in tutte le sue forme.

Inoltre riteniamo che fondare tutta la ricezione di standard su due zone limitrofe, la 34 TR e la UI 8.3, con funzioni ammesse molto simili, porterebbe un congestionamento della città in una parte limitata della stessa con conseguenza sul lungo periodo di una ulteriore richiesta di adeguamento che ha i suoi limiti nella struttura fisica dell’area.

Chiediamo che le 2 aree strettamente connesse e vincolate siano progettate unitariamente come conseguenza di una visione urbana omogenea.

Il PUC adduce sovente, come giustificazione alla concessione di nuove volumetrie, al riordino di una parte di periferia cresciuta in maniera disorganica. Ricordiamo che la maggior parte degli interventi in queste zone, recenti e avvallati dalle precedenti amministrazioni, sono dello stesso tipo di quelli in pianificazione; essi, non solo non hanno portato quella qualità urbana che il piano vorrebbe portare come giustificazione dell’intervento, ma anzi hanno creato cesure, verde isolato e inutilizzabile, parcheggi interrati con giardini pensili di qualità discutibile, brutalizzazione delle aree agricole, mancanza totale di disegno urbano.

Al di la di un programma che a parole ha ambizioni di salvaguardia e sostenibilità obiettiamo che il tipo di pianificazione in alcune aree in trasformazione non ci sembra proporre idee che si distacchino dall’eredità delle vecchie politiche speculative a scapito del territorio.

Chiediamo di valutare l’inserimento di Edilizia Residenziale Pubblica nel

tessuto urbano consolidato su edifici esistenti, su proprietà private in stato di abbandono che potrebbero essere rilevate dall’Ente Pubblico, sia come occasione di riqualificazione del tessuto urbano sia come traino ed esempio per il mercato edilizio.

Nella redazione degli oneri di urbanizzazione, proponiamo l’inserimento di un coefficiente che in Francia si chiama VSD (versement pour sous -densité – versamento per bassa densità) in cui gli oneri o una parte di essi possano derivare dalla dispersione delle volumetrie, favorendo la concentrazione dell’edificato.

Si tratta di applicare agli oneri un coefficiente in maniera proporzionale alla densità di occupazione del lotto, aumentandoli in funzione della dispersione delle volumetrie, e rapportando di conseguenza le tasse per il costruttore in proporzione alla salvaguardia di terreno naturale.

Evidenziamo che uno dei principali fattori di consumo del suolo è la costruzione a bassa densità e il conseguente moltiplicarsi degli spostamenti veicolari.
Una politica tesa a una concentrazione dell’insediamento e a una facilità di spostamento con i mezzi pubblici va sicuramente nella direzione della riduzione di consumo di suolo.

Chiediamo di agire già da subito introducendo nella fiscalità delle percentuali di compensazione che tengano conto di veri parametri ambientali dell’intervento quali che includa tutte le conseguenze ambientali:
- DIRETTE

perdita del guadagno agricolo e della capacità di sostentamento, perdita di ombreggiamento naturale,

perdita dei cicli vitali naturali di riciclo dell’ossigeno e dell’acqua, produzione di Co2
- INDIRETTE
attenuazione o meno delle cause del cambiamento climatico,

moltiplicazione degli spostamenti e conseguenze sulla creazione di anidride carbonica con nuove infrastrutture

3.3 Lottizzazione del PUC

Nonostante al punto 3.1.1.3 del PUC si parli di reti ambientali e di paesaggio, non troviamo corrispondenza di tali elementi in un disegno urbanistico che individui un progetto ambientale che deve e può provenire solo dall’amministrazione.

Crediamo che un disegno fatto per aree e lotti disgiunti, non inseriti in una sequenza significativa, non sia rispondente alle vere esigenze del territorio. Sosteniamo che un piano di progettazione urbana debba avere come suo fondamento un disegno unitario consequenziale di scelte omogenee, dove le trasformazioni siano concatenate e connesse, giustificate le une con le altre in un disegno territoriale che rispecchia l’idea progettuale dell’amministrazione.

Non troviamo negli strumenti questa intenzione, nonostante sia ripetuta nelle idee e, anzi, dentro quelle che dovrebbero essere unità ambientali paesaggistiche continue, ritroviamo lottizzazioni figlie del principio di sacrificio del territorio naturale a servizio delle volumetrie edificate. Chiediamo che ci sia un disegno omogeneo di unità territoriali, ambientali e di paesaggio, che fronteggi la frammentazione e costituisca le linee guida della progettazione urbana.

3.4 La nuova edificazione in Pineta

Chiediamo che non sia integrato nel PUC alcun lotto edificabili nell’area satura e completa della Pineta, comprensiva di 1R, 3R e parte del 12R , osserviamo inoltre che alcune U.I. sono in area boscata o in presenza di uliveti.

La fase speculativa deve necessariamente arrestarsi e l’amministrazione deve poter rivedere le scelte con un piano che sia la guida di un progetto di salvaguardia dei valori architettonici ambientali e paesistici ancora salvi, nessuna giustificazione a un ulteriore incremento di volumetrie in questa zona può essere valida davanti alla necessità di salvare quel poco di ambiente rimasto e davanti al pasticcio e alle speculazioni passate che hanno visto incrementarsi la volumetria al di fuori delle previsioni, riteniamo che nel

tentativo di correggere errori delle precedenti amministrazioni sia dovere dell’attuale bloccare definitivamente qualsiasi ulteriore aumento delle cubature e individuare e attuare un percorso di regolamentazione per la creazione di un'area di salvaguardia architettonica, (che trova concorde anche il PUC), e di una salvaguardia ecologico ambientale, in quanto presenti sull’area valori sia botanici che faunistici di pregio.

Sulla base di questi presupposti chiediamo l’inserimento della Pineta in zona omogenea A.

All’interno della zona 12 in merito alla UI 12.2 Marina Grande chiediamo una maggior precisione per questa previsione di progetto che pare lastricata di buone intenzioni.

Come cittadini, davanti all'ecomostro di Marina Grande, esigiamo delle posizioni chiare e inconfutabili, scevre da successive interpretazioni e progetti ingannevoli. Chiediamo che le previsioni volumetriche siano precisate nel PUC imponendo che, alla demolizione dell’edificio su spiaggia e alla rinaturalizzazione richiesta, sia contrapposto un non aumento delle volumetrie esistenti.

3.5 Le volumetrie non agricole previste in ambito agricolo( Aree extraurbane e non)

Chiediamo che il PUC non preveda ampliamenti o nuova costruzione che non siano connessi con la conduzione del fondo agricolo, ovvero che, al punto 5.4 delle Norme di conformità del Territorio Extraurbano, non sia ammesso l’ampliamento di residenziale puro non agricolo, ma subordinato anch’esso all’asservimento. Chiediamo che l’applicazione dell’incremento sia subordinata a una superficie di fondo minima (come vincolato per gli annessi agricoli), che giustifichi una attività reale o una proporzione tra l’attività agricola, (l'estensione del fondo o le giornate lavorative) e la nuova superficie residenziale agricola,

ci opponiamo al triplicamento dell’indice agricolo e chiediamo che l’indice massimo di 0,1 mq/mq concesso dalle Norme sia ridotto almeno allo 0,05, reputiamo che 1.600 m2 di fondo per un incremento di 80 m2, ovvero di un’altra unità immobiliare, ci sembrano già un grosso carico insediativo per un’area che dovrebbe essere protetta.
Chiediamo inoltre:
      che la nuova volumetria sia sovrapposta o annessa e continua con quella esistente, senza distaccamenti tra l’esistente e il nuovo.

che la nuova volumetria concessa nel rispetto delle condizioni di ruralità, ovvero di conduzione del fondo,

       non sia cedibile a privati non in possesso di tali requisiti per un periodo di tempo stabilito non inferiore ai 15 anni, al fine di prevenire l'elusione della normativa

      che non sia concessa la trasformazione di aree agricole attive o abbandonate in aree di sviluppo o trasformazione

      Precisiamo che le UI 7.4/4.1/17.3 sono in aree agricole, pertanto ci opponiamo alla loro trasformazione in unità di intervento e chiediamo una spiegazione della necessità di costruire volumetrie in aree, sature e con difficoltà infrastrutturale come dal piano stesso evidenziato.

3.6  Il distretto della Piana, scheda 34TR

Le osservazioni rispetto al piano particolareggiato della PIANA riprendono quanto detto sopra del non bisogno di nuova edificazione ad uso residenziale, della diseconomia nella perdita di suolo agricolo, che non riguarda solo la l’economia, ma la salute dei cittadini, della necessità ormai impellente di salvaguardare con sistemi di protezione normativi il rimanente tessuto agricolo.

Crediamo che sia indispensabile e urgente che le residue aree agricole, costituenti frammenti sopravvissuti all'interno del tessuto urbano, di immenso valore storico, culturale, ambientale ed economico, siano protette, e tutelate con uno sforzo da parte dell’amministrazione nel ricercare soluzioni alternative, per tutti i seguenti motivi:
        perché inserite nel tessuto urbano come pausa e respiro dall'urbanizzazione necessarie per la qualità della nostra cittadina,


        perché ultimi residui di terreno agricolo di valore economico e sociale (la nostra miglior fonte di distribuzione alimentare, e non solo, a Km 0),

        perché costituiscono le fondamenta storiche e sociali della cultura del Paese di Arenzano;

        perché potrebbero dar adito ad attività ed economie floride e di spicco coinvolgendo cittadini e proprietari

        perché ogni ettaro di terreno perso è un notevole danno economico ed ecologico.

        perché ricordiamo che il 40% del nuovo edificato residenziale in Italia costruito tra il 2014 e il 2015 è invenduto e il procedere in questa direzione può portare a realizzare volumetrie che rimarrebbero vuote, invendute o peggio, non finite per mancanza di fondi. E' prioritario prevenire situazioni come singoli interventi non programmati e disomogenei o come il blocco dell’attività per insostenibilità economica del progetto, con conseguente perdita del valore dello strumento urbanistico,

        perché un’alternativa economicamente valida è possibile e anzi auspicabile viste la direzione e il successo di iniziative analoghe

Osserviamo che volumetrie previste potrebbero ricollocarsi in altra zona meno preziosa dal punto di vista sociale, ambientale, alimentare con un’analisi attenta e con strumenti normativi di supporto da parte dell’amministrazione. Osserviamo inoltre che nuove infrastrutture viarie non alleggeriranno la via Marconi strada già in crisi per le dimensioni ma contribuiranno ad appesantire le 2 situazioni ove situati gli innesti, già di per se stesse critiche. Notiamo che l’immissione nei pressi del civ 61 di via Marconi avviene in un

punto molto critico sia a livello di immissione sia a livello di dislivello, con pendenze non facilmente gestibili se non con la costruzioni di muri di contenimento che contribuiranno a creare ulteriori perdite di territorio e frammentazioni delle superfici verdi, che vengono considerate sempre e solo come ritagli delle opere infrastrutturali, creando situazioni di degrado e abbandono. Rifiutiamo la definizione data di “rispetto e ricostruzione di ecosistemi naturali” nella creazione di verde come scarto dalle opere urbane, esigiamo come cittadini che la natura di questo sito sia il fulcro generatore del progetto e che quindi questo venga rivisto assumendone i parametri corretti nel rispetto dei valori dell’intera cittadinanza.



Gli studi sulla viabilità hanno ormai dimostrato che aumentare il flusso delle macchine non contribuisce a ridurre e migliorare il traffico ma lo aumenta.
La pedonalizzazione e la creazione di trasporti pubblici efficienti sono gli unici strumenti in grado di decongestionare le strade.

La disincentivazione dell’uso dell'auto è l’unico reale strumento che permette la diminuzione e il miglioramento della circolazione.

La nuova viabilità veicolare crea frammentazione del verde soprattutto verso i rii Fagiani e Sersa, ci opponiamo alla tombinatura degli stessi, pratica irrispettosa nei confronti dell’equilibrio dell’ambiente naturale precostituito e al non rispetto delle distanze che garantiscono sia sicurezza che preservazione di corridoi naturali.

Ci opponiamo al nuovo percorso veicolare per motivi infrastrutturali ma anche:

           in quanto adiacente al corso d’acqua e sul tornante addirittura in contatto con il Rio,

           in quanto passante sopra il muro di cinta storico di via Terralba, che sarebbe falciato dalla nuova strada, ci sembra che via Terralba abbia già pagato un prezzo abbastanza alto alla speculazione edilizia e chiediamo il rispetto dei valori storici di quest’area.

Suggeriamo quindi di abbandonare le vecchie logiche edilizie di sfruttamento del suolo per ripensare e fornire nuovi assetti e prospettive, e, ricordiamo, che l’autorizzazione di questo progetto si porterà dietro la responsabilità della distruzione dell’ultima traccia storica della produzione agricola estensiva in Arenzano.

Evidenziamo inoltre che :

al punto c e d della norma 34TR la creazione di parcheggi interrati e a raso non riduce il consumo di suolo come proposto dalla norma ma tutt’altro , chiediamo


che sia imprescindibile posizionare i parcheggi interrati sotto il sedime dell’abitato ed ci opponiamo a qualsiasi ulteriore spazio verde pensile di estrema e dubbia qualità.

Il punto e ed f degli obiettivi della norma 34TR non ci sembrano rispettati in quanto il piano prevede l’occupazione e l’impermeabilizzazione di più del 50% dell’area di cui le infrastrutture ne sono in gran parte responsabili.

3.7 L'ampliamento della zona industriale

Nonostante la zona 4 sia satura come lo stesso PUC afferma, il PUC prevede 2 unità di intervento , contestiamo l’inserimento dell’unità di intervento Ui1.4 in zona non prevista dalla zonizzazione del vecchio PRG per una gran parte in zona E.

Inoltre chiediamo che venga inserita anche la possibilità di cambio DU per capannoni dismessi e fatto uno studio organico dell’ambito con riqualificazione prevedendo anche per dismissioni in o future dismissioni lo spostamento di volumetrie con servizi diversi da quelli industriali se superati da necessità storiche.

4_ PROPOSTE AL PIANO

4.1 Un piano urbano che parta dal paesaggio dove le unità ambientali siano le linee guida territoriali

Nonostante all’interno dei documenti si parli di IDENTITA AMBIENTALI, non troviamo corrispondenza in un disegno generatore dell’idea di città.

Proponiamo che vengano individuate come linee guida delle identità ambientali e paesaggistiche sul territorio e queste stesse poste a supporto dell’idea del progetto urbano.

Abbiamo tracciato una bozza, di quello che vorremmo fosse il punto di partenza di una pianificazione urbanistica moderna, che non necessità di incrementi di superficie costruita, ma di messa a sistema del territorio, di coerenza di lettura, di omogeneità, di valorizzazione, di utilizzo del verde, del paesaggio, e dei vari sistemi ad esso correlati, come base dell’ambiente in cui vorremmo vivere.

Per la costruzione di quest’idea siamo passati attraverso lo sviluppo del concetto e l’individuazione delle “unità paesaggistiche” presenti e rilevanti nel territorio di Arenzano:




    -il bosco
-le aree agricole e i percorsi storici connessi
-la linea di costa, le spiagge e le scogliere
-il mare
-i parchi storici monumental
-le aree a servizi pubblici di connessione e tessuto -collagene tra unità ambientali
-il parco del Beigua e le nostre montagne


Questi elementi devono trovare una continuità, una omogeneità, sono quelli che creano gli spazi pubblici intesi come ambiti di interesse pubblico, di vita e relazione, sono quei corridoi che formano l’identità della Comunità.

I punti di connessione tra le unità di paesaggio dovrebbero diventare i nodi di sviluppo del sistema di relazioni, sono quelli che stabiliscono i rapporti, le interrelazioni tra la città e il territorio e sono quelli che vanno gestiti, individuati e elaborati con dei progetti urbani pubblici.

Precisiamo sulle unità ambientali che

> Il bosco , l’area boscata tra la Pineta e il Paese, è spesso individuato nei documenti del PUC, (punto 4.2.26 etc) , ma nonostante il riconoscimento formale


della rilevanza paesaggistica e caratterizzante della stessa, non troviamo un disegno che chiarisca il suo rapporto con il resto, non la troviamo protagonista
ma solo intesa come spazio di ritaglio delle nuove aree di trasformazione,

addirittura inserite all’interno della stessa e svincolate le une dalle altre, riteniamo un errore ambientale e urbanistico frammentarla ulteriormente e reputiamo indispensabile invece salvaguardarne la continuità ed rafforzarne la connessione con aree limitrofe simili.

> le aree a servizi pubblici costituiscono le aree a standard cittadine che garantiscono la continuità del paesaggio all’interno dell’edificato più fitto dove il verde si dirada, si struttura e si mescola con i servizi pubblici.

4.2 La creazione di un parco agricolo strutturato

Chiediamo di valutare un reale progetto di recupero e valorizzazione del patrimonio agricolo che impegni il Comune in primo piano in veste di promotore. Proponiamo la creazione di un ambito specifico di tutela delle restanti aree agricole attraverso l’istituzione di un parco agricolo intra paese che colleghi la zona di Terralba, la Piana le zone agricole di via Costa dei Frati fino alla valle del Cantarena e Terrarossa,

La messa a sistema di questo progetto si attuerebbe attraverso il concatenamento di una serie di attività eterogenee quali la ristrutturazione di vecchi percorsi pedonali di collegamento, la cooperazione con le scuole e la didattica, la creazione di un sistema di gestione e affitto degli orti, la creazione di zone di valorizzazione, di studio e vendita dei prodotti agricoli, ecc.

Questo progetto sostenibile non accontenterebbe solo qualche proprietario terriero a scapito dell’intera cittadinanza, ma fornirebbe un nuovo spunto turistico, economico e sociale per l’intera comunità.

Proponiamo che sia l’amministrazione a mappare le proprietà delle aree agricole e a individuare una cintura di presidio con innesti agricoli ancora presenti nel tessuto urbano, e che parallelamente sia avviato un processo fiscale giuridico e di gestione delle aree che veda la partecipazione di proprietari e cittadini, , sviluppando la mappatura di una rete di colture, di approvvigionamento idrico, di reti di spostamento e connessione, di predisposizione dei servizi necessari per lo sviluppo, la commercializzazione, la gestione e l’assistenza ad un progetto
integrato di Parco agricolo che sia protagonista di uno sviluppo urbanistico, economico e paesaggistico del territorio, avvalendosi dell’importantissima memoria storica.

5_OSSERVAZIONI SPECIFICHE ALLE ZONE

5.1 Zona 1

La zona 1 è strettamente legata con la zona 31, nonostante il PUC parli di difesa della fascia boscata tra la pineta e l’Aurelia e lo porti ad esempio di sistema verde nello specifico “MANTENIMENTO e salvaguardia naturalistica del bosco”, ritroviamo interventi che ritagliano, limitano e frazionano l’area boscata.

Obiettiamo che se si vuole difendere un ecosistema lo si deve fare non solo nelle intenzioni, ma con azioni concrete

chiediamo che la fascia boscata si difesa nella sua continuità e non ritagliata o spaccata, in quanto proprio e solo la sua continuità ininterrotta ne costituisce_
-elemento paesaggistico di importanza territoriale,

-elemento di salvaguardia delle specie animali e vegetali che vi abitano, -sistema ecologico di salvaguardia della fragilità idrogeologica del versante,

le unità di intervento 1.1, 1.2 ,1.3 che si ritrovano all’interno di questa fascia, non rispondono a questi criteri.

in dettaglio nell’intervento ui 1.2 è prevista una struttura ricettiva laddove


ne è già presente una analoga , dall’altra parte della strada, . Inoltre nel territorio cittadino vi sono altre unità dello stesso tipo da riqualificare, sicuramente più interessanti e di maggior pregio (albergo Miramare ad esempio).

        Osserviamo che la proposta di un polo sportivo è mancante della specifica del tipo di legame che avrebbe con gli altri poli sportivi previsti dal Piano, di cui uno sicuramente interessante in zona piazza Rodocanachi. Inoltre il polo previsto in questa area rimarrebbe completamente scollegato con il centro cittadino a causa dell’ assenza di un percorso di connessione.
        Proponiamo quindi che venga creato un percorso pedonale ciclabile che funga da rete connettiva tra il centro del paese, la Colletta e l’Ospedale e che serva i vari impianti sportivi già esistenti (Maddalena, Pineta, maneggio), con attraversamenti pedonali sicuri sull’Aurelia.
        Crediamo che la creazione di un’ulteriore nuova struttura non sia necessaria in questa zona e che comunque qualsiasi intervento di nuova edificabilità dovrebbe essere preceduto da una valutazione a più ampio spettro e dalla redazione di un piano per le attrezzature sportive che preveda la messa a sistema delle esistenti e delle future .

        Riteniamo che la creazione di una rete di collegamento fatta di percorsi verdi ciclabili e pedonali che si dipanano all’interno del territorio comunale possa definirsi di per sé un sistema sportivo di buona qualità, (o una struttura sportiva itinerante), oltretutto mai preso in
considerazione dalle amministrazioni comunali.

Chiediamo quindi di giustificare questa scelta e di guardare ad alternative che puntino sulla riqualificazione e la congiunzione dell’esistente.

Chiediamo che all’interno della zona 1.1a non sia intaccato il bosco e nessuna area naturale tenuto conto che l’area presenta anche fragilità idrogeologiche Chiediamo i progetti 1.1b e 1.1 a siano tenuti aggregati e compattati sul sito già compromesso e possano prevedere anche la demolizione e ricostruzione del manufatto pre-esistente e la riqualificazione urbana di un ambito la cui urbanizzazione recente non ha tenuto in nessun conto di aspetti qualitativi ma solo quantitativi. Ci auguriamo che l’incremento volumetrico autorizzato in questa sede non sia solo speculativo ma sia occasione per rigenerare un pezzo di tessuto urbano discutibile.
5.2 Zona 5

Chiediamo che venga valutata la possibilità che la zona del parcheggio attuale dell’Ospedale, s5.7, fortemente disaggregata, sia valutata per la creazione di un parcheggio multipiano con piazza in quota ad uso ospedale che soddisfi i parcheggi di interscambio proposti dal PUC in altre aree naturali.

Crediamo che questa area degradata sia l’occasione per concentrare aree a parcheggio evitando il sacrificio di aree naturali e per progettare uno spazio pubblico qui necessario.

Ui 5.2 osserviamo che anche questa volumetria prevista, una RSA da 120 posti letto, è situata in ambito boscato e naturalistico, chiediamo di valutare la traslazione della volumetria utilizzando zone antropiche dismesse e maggiormente inserite nel contesto urbano,

Crediamo che una struttura in questa area inoltre rimarrebbe isolata con ulteriore necessità di infrastrutture e quindi conseguente aumento dell’impatto sul suolo.

Suggeriamo la valutazione dell’utilizzo del vecchio Ospedale come RSA tramite un accordo con ARTE

6_OSSERVAZIONI SULLA MOBILITA

Nel PUC non viene proposta nessuna visione alternativa alla viabilità attuale. Al Punto 5.1.3 si evince che le possibili soluzioni proposte dall’amministrazione comunale per far fronte alle criticità in tema di mobilità sono l’allargamento delle sedi stradali esistenti e una maggiore fluidità
Soluzioni che equivalgono a un aumento della portata e della velocità, l’esatto

contrario della vivibilità e della pedonalità che invece noi chiediamo.

In riferimento alla costruzione di una nuova viabilità nell’area della Piana non troviamo alcun elemento che possa giustificarne la fattibilità, ma soltanto criticità proprie di una scelta dalla marcata impronta anti-ambientalista.
Nello specifico riteniamo che:
- il suo stesso posizionamento à 1/3 della via Marconi non svincola il problema su una parte di esso almeno, e, tenuto conto inoltre che l’automobilista farà sempre la strada più breve, da Arenzano rimarrà prevalente l’uso di via Marconi, mentre da ovest la prima parte della suddetta esistente è già larga a sufficienza, e non sembra quindi portare nessun miglioramento,

Per questi motivi richiediamo sia fatto uno studio preciso del traffico e della mobilità che giustifichi la distruzione di aree verdi e di muri di cinta storici per la creazione di una strada a nostro parere totalmente inutile.

Osserviamo che la rete di piste ciclabili previste è indirizzata prevalentemente ad un uso turistico piuttosto che a un uso quotidiano, lasciando così inespresse le esigenze dei cittadini e di una mobilità veramente sostenibile che ricopra l’intero territorio e tutte le esigenze. La nostra visione di mobilità cittadina vede, prioritariamente alla costruzione di nuove strade, lo sviluppo di una continuità pedonale e ciclabile che colleghi e serva tutti i quartieri. Chiediamo che all’individuazione di aree di interscambio ai limiti del centro in aggiunta ai parcheggi esistenti, segua la previsione di percorsi pedonali e ciclabili che colleghino queste aree con il centro e le aree turistiche.

CONCLUSIONI

"La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito di oggi se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani. Significherebbe che lo stato intende vegliare affinché, dopo secoli di distruzione, si salvi quel poco che resta delle foreste e del suolo delle Alpi e degli Appennini e si ricostruisca parte di quel che fu distrutto".

(Luigi Einaudi, "Della servitù della gleba in Italia", 15 dicembre 1951)