INTRODUZIONE
Nell’attesa di una legge in attuazione dell’art. 9
della Costituzione – che azzeri subito tutte le previsioni di sviluppo edilizio
nello spazio aperto e obblighi a ridisegnare gli strumenti urbanistici indirizzandoli
alla riqualificazione degli spazi
degradati, dismessi o sottoutilizzati attraverso interventi di riconversione,
ristrutturazione, rinnovamento, restauro, risanamento, recupero e
riedificazione, auspichiamo che la nostra amministrazione comunale sposi la
visione lungimirante di uno spazio
urbanizzato in cui le possibilità di riuso sono sconfinate. Dovremmo essere tutti consapevoli del fatto che lo
stop al consumo del suolo non significa sviluppo zero e che in una logica
di riuso ogni investimento volto al soddisfacimento
di bisogni è al tempo stesso un’azione di recupero ambientale.
Crediamo che per parlare realmente di sostenibilità
sia necessario cambiare il punto di
vista nello strutturare lo strumento di gestione del territorio:
esso dovrebbe partire dal paesaggio, dalla qualità
e dalla sostenibilità ambientale e inquadrare gli interventi sul territorio in
funzione di questi. Affinché il cittadino non percepisca la tutela
dell'ambiente soltanto come tassa o coercizione, è necessario che il punto di
vista del pianificatore parta dal valore ambientale del territorio, altrimenti
la pianificazione rimarrà un puro abbellimento di politiche speculative,
arricchita di belle parole, svuotate del loro significato.
Riteniamo che l'unico strumento capace di garantire
ricchezza in futuro, anche in termini di qualità di vita, sarà quello capace di
affermare la dicotomia “ambiente = ricchezza”, “cementificazione = perdita di ricchezza”
Attualmente il nostro tessuto sociale è costituito
da operatori commerciali, turistici, artigiani e in gran misura anche da
persone che, pur lavorando fuori zona, vi abitano o vi si sono trasferite per
la sua dimensione più umana, meno caotica, ricca di bellezze naturali e di
tranquillità, in una posizione strategicamente prossima alla grande città.
Colui che amministra deve interpretare questi
bisogni spingendo in quella stessa direzione, ricercando le risposte nella
terra che ci accoglie e alla quale apparteniamo.
Rispettare il
territorio significa valorizzare le sue
risorse naturali, dalle zone agricole
al litorale; solo così (e non
cementificando) si potranno creare nuove opportunità di occupazione e di
rilancio turistico oltreché tendere ad
un miglioramento della qualità di
vita che risponde alla crescente domanda di ritorno alle origini, di vita in un
ambiente salubre, di cibo genuino e
di contatto con tutti quegli
elementi che la natura ci offre e di cui Arenzano è naturalmente ricca, in
controtendenza alla società globalizzata e
all’insostenibilità dei grandi centri urbani.
Crediamo che la sostenibilità dell'insediamento
urbanistico si concretizzi mantenendo l'ambiente naturale, con il corretto
funzionamento delle reti tecnologiche e con la qualità delle soluzioni
spaziali. Fermando il consumo del territorio, Arenzano smetterà di espandersi
con altre colate di cemento e potrà concentrarsi sul recupero di volumi
degradati e sul miglioramento dell'esistente, vincolando gli oneri ad
un'effettiva riqualificazione.
2.1 I dati del piano urbanistico
Osserviamo
che i dati demografici utilizzati, risalenti
al 2008, sono inadeguati in quanto sorpassati da una crisi economica e da 8
anni di evoluzione sociale.
Vista l'insufficiente attualità delle informazioni
sull'andamento demografico e sulle attività dei cittadini, non vi è un quadro
chiaro sulla composizione del tessuto sociale, sui bisogni e sulle esigenze
della popolazione, elementi indispensabili per la progettazione del territorio
e necessari per ripensare correttamente la rete dei servizi che costituisce la
spina dorsale di un corretto sviluppo territoriale.
2.2 Le linee guida
Osserviamo da parte dell’amministrazione l’assenza
di una posizione ferma sul consumo di
suolo: non ci risulta infatti inserito come una delle principali linee guida, bensì solo citato come una generica “questione ambientale”.
Riteniamo
inaccettabile, per uno strumento urbanistico moderno, non porre tra le principali
(se non la principale) linee guida, l’arresto al consumo di suolo naturale. In
un momento in cui anche le direttive Europee sono finalmente orientate in questa direzione, riteniamo che la
pianificazione dovrebbe basarsi su fondamenti morali, etici e civili anziché
speculativi.
Riteniamo necessaria una revisione degli obiettivi
ponendo l'arresto del consumo di suolo come uno degli indirizzi principali.
3_
OSSERVAZIONI AL PIANO
3.1
L'irrealistica previsione di nuove volumetrie residenziali e il conseguente
incremento demografico
La concessione di volumetrie residenziali non è
giustificata né dall'andamento demografico né dall'andamento del mercato
immobiliare.
Abbiamo un potenziale edificato che copre il
fabbisogno abitativo di circa 35.000
abitanti a cui tuttavia non
corrispondono servizi a standard adeguati.
Dall’analisi degli stessi dati fornitici dal PUC
(relativi all’anno 2008) riguardanti il bilancio insediativo, si evince
chiaramente che non vi è nessuna esigenza di costruire “nuovi volumi
residenziali”, a fronte di una capacità abitativa tre volte superiore a quella
dei residenti attuali.
L’aumento previsto di 1.139 persone non solo non rappresenta
incremento demografico reale,
ma provoca un aumento di richiesta di servizi e infrastrutture.
Non è chiaro
sulla base di quali necessità si ritengano necessarie nuove volumetrie
residenziali e ne chiediamo chiarimenti che vadano al di là della politica del “fare
cassa”, chiarimenti che tengano in debito conto i dati del mercato immobiliare,
che vede attualmente un eccesso di
offerta di alloggi in vendita rispetto alla domanda, e delle conseguenze di
operazioni immobiliari poco lungimiranti, potenzialmente esposte a fallimento economico, con danni
irreparabili per il territorio e l'immagine del Paese stesso.(Esempi
emblematici nel vicino territorio di Lerca).
Comprendiamo che alcuni processi sono già in atto,
ma una corretta pianificazione serve anche per correggere processi già avviati
nella direzione sbagliata, perché superati da necessità storiche.
3.2 Il consumo di suolo naturale o agricolo
E’ doveroso iniziare con una breve serie di dati
sui quali si incardinano i principi della nostra politica del territorio
➢ Il suolo è una risorsa non rinnovabile.
➢ Occorrono 500
anni per formare 25 mm completi di suolo.
➢ Un ettaro di suolo naturale trattiene fino a
3.750.000 litri di acqua.
➢ Un ettaro di suolo impermeabilizzato ha un costo di gestione per la raccolta
dell’acqua di circa 6.500 €/anno (fonte Sol seailn institute for
Advanced Sustainability Studies (IASS University of Postdam, Germany).
➢ La perdita di un ettaro di suolo agricolo equivale
alla perdita della capacità di produrre cibo per 1.000 persone
➢ La perdita di 1 ettaro di suolo provoca un’emissione di 0,3 ton di Co2.
➢ La perdita di suolo riduce l'evapo-traspirazione
➢ L’energia necessaria per far evaporare la stessa
quantità di acqua che assorbe 1 ettaro di suolo naturale in un anno equivale al
consumo energetico di quasi 2,5 milioni
di KWh.
In termini economici, impermeabilizzare il suolo
comporta perdite economiche ingenti che però non sono immediatamente
misurabili, ma che verranno pagate dall'intera comunità sul lungo periodo.
Come tutti
sanno La Liguria ha il 7% di aree consumate che diventa il 20% prendendo in
considerazione la costa, se allarghiamo il perimetro di 100m dalle costruzioni, ovvero includiamo un
suolo comunque antropizzato, arriviamo a cifre che sfiorano il 40 % su l’intero territorio nazionale,
fatte le debite proporzioni, il dato è allarmante.
Abbiamo sovrapposto le aree in trasformazione e le
unità di intervento, ove prevista la nuova edificazione, con una semplice
aereo-fotocarta e con la carta del Piano relativa all’uso del suolo, e da quest’analisi
si evince che i perimetri di queste aree comprendono zone verdi agricole e boscate, e nello specifico addirittura alcune
unità di intervento ricomprese in zone E (ui 7.1-7.2-4.1 e 17.3)e di cui per la
7.1 e 7.2 è stata chiesta variante al PTCP per modificarne l’assetto IS-MA
Chiediamo una giustificazione valida ed esauriente
alla decisione di permettere la costruzione di volumetrie in queste aree.
Chiediamo che sia valutato un arresto totale delle nuove volumetrie su suolo vergine e che i
perimetri delle aree ove previsto il sedime della nuova volumetria siano
limitati a zone con suolo già consumato, e che sia ritagliato ed escluso dagli
stessi il tessuto naturale, in
particolare quello boscato e soprattutto
quello agricolo, sia esso in uso o abbandonato.
Vi
sottoponiamo e chiediamo che sia valutata la proposta di normative che
prevedano e facilitino lo spostamento
o la concentrazione delle volumetrie previste in zone già impermeabilizzate, evitando
perdite di suolo vergine, ovvero l’inserimento di una compensazione dove a
superficie naturale persa corrisponda l’obbligo di reintrodurre una quantità
superiore di superficie rinaturalizzata.
Questo tipo di procedure porterebbe convenienza a
riqualificare zone naturali degradate o a costruire in zone già cementificate,
riqualificando finalmente le stesse. La storia urbanistica insegna che non è
urbanizzando zone verdi che si riordina la città ma operando sull’esistente con interventi di demolizione,
ricostruzione e riqualificazione di un tessuto già degradato.
Proponiamo
che gli incrementi volumetrici permessi dalla LR 16/2008 art 10 comma 2 siano
autorizzati esclusivamente sul sedime dell’esistente; precisiamo che con la
nuova norma nazionale sul consumo del suolo probabilmente sarà svincolato e
facilitato anche il sistema della demolizione e ricostruzione.
Chiediamo che
sia modificato il rapporto di impermeabilizzazione introducendo un rapporto
vicino allo 0, per tutti gli interventi
su suolo vergine.
Chiediamo di valutare l’introduzione di uno standard
verd e reale, ossia una
quantità di alberi da piantumare per ogni abitante e per ogni parcheggio
insediato, a compensazione della quantità di CO2 prodotta.
Chiediamo di introdurre l’obbligo che i parcheggi a
raso (che costituiscono di fatto una perdita di suolo a cui nessuno accenna),
siano costruiti esclusivamente utilizzando pavimentazioni permeabili e siano
tutti obbligatoriamente alberati.
A tal riguardo chiediamo che sia favorito se non
obbligato l’utilizzo di pavimentazioni che permettono di evitare l’impermeabilizzazione
e la perdita di suolo in tutte le
sistemazioni esterne pubbliche e private, posti auto, parcheggi, viabilità
private o di quartiere, percorsi pedonali etc..
Chiediamo che al punto 4.1.23 delle norme generali
sia inserito il vincolo di realizzare nuove piscine private con impianto di
fitodepurazione e senza impermeabilizzazione del suolo.
Chiediamo di riprendere, nei limiti delle Leggi
Regionali di disciplina dell’Attività Edilizia 16/2008 e seguenti, che
definiscono i parametri edilizi, la definizione di superficie accessoria che
ha contribuito, e che contribuisce ancora oggi a produrre tanti abusi.
Sappiamo
tutti che 1 mq di superficie agibile producono tre volte tanto di consumo di
suolo (tra accessori, pertinenze, locali non agibili, locali tecnici, etc
previsti dalla 4.2.5 e conseguenti infrastrutture).
Chiediamo che il Comune introduca un indice in
grado di valutare l’intera superficie (o volumetria) creata come
occupazione di suolo, in tutte le sue forme.
Inoltre
riteniamo che fondare tutta la ricezione di standard su due zone limitrofe, la 34 TR e la UI 8.3, con funzioni
ammesse molto simili, porterebbe un congestionamento della città in una parte
limitata della stessa con conseguenza sul lungo periodo di una ulteriore
richiesta di adeguamento che ha i suoi limiti nella struttura fisica dell’area.
Chiediamo che le 2 aree strettamente connesse e
vincolate siano progettate unitariamente come conseguenza di una visione urbana
omogenea.
Il PUC adduce
sovente, come giustificazione alla concessione di nuove volumetrie, al riordino di una parte di periferia
cresciuta in maniera disorganica. Ricordiamo che la maggior parte degli
interventi in queste zone, recenti e
avvallati dalle precedenti amministrazioni, sono dello stesso tipo di quelli in pianificazione; essi, non
solo non hanno portato quella qualità urbana che il piano vorrebbe portare come
giustificazione dell’intervento, ma anzi hanno creato cesure, verde isolato e inutilizzabile, parcheggi interrati con giardini pensili di qualità discutibile,
brutalizzazione delle aree agricole, mancanza totale di disegno urbano.
Al di la di
un programma che a parole ha ambizioni di salvaguardia e sostenibilità
obiettiamo che il tipo di pianificazione in alcune aree in trasformazione non
ci sembra proporre idee che si distacchino dall’eredità delle vecchie politiche speculative a scapito del
territorio.
Chiediamo
di valutare l’inserimento di Edilizia
Residenziale Pubblica nel
tessuto urbano consolidato su edifici esistenti, su
proprietà private in stato di abbandono che potrebbero essere rilevate dall’Ente
Pubblico, sia come occasione di riqualificazione del tessuto urbano sia come
traino ed esempio per il mercato edilizio.
Nella redazione degli oneri di urbanizzazione,
proponiamo l’inserimento di un coefficiente che in Francia si chiama VSD (versement pour sous -densité –
versamento per bassa densità) in cui gli oneri o una parte di essi possano
derivare dalla dispersione delle volumetrie, favorendo la concentrazione dell’edificato.
Si tratta di applicare agli oneri un coefficiente
in maniera proporzionale alla densità di occupazione del lotto,
aumentandoli in funzione della dispersione
delle volumetrie, e rapportando di conseguenza le tasse per il costruttore
in proporzione alla salvaguardia di terreno naturale.
Evidenziamo
che uno dei principali fattori di consumo del suolo è la costruzione a bassa
densità e il conseguente moltiplicarsi degli spostamenti veicolari.
Una politica tesa a una concentrazione dell’insediamento e a una facilità di spostamento
con i mezzi pubblici va sicuramente nella direzione della riduzione di consumo
di suolo.
Chiediamo di agire già da subito introducendo nella
fiscalità delle percentuali di compensazione che tengano conto di veri parametri ambientali dell’intervento
quali che includa tutte le conseguenze ambientali:
- DIRETTE
perdita del guadagno agricolo e della capacità di
sostentamento, perdita di ombreggiamento naturale,
perdita dei cicli vitali naturali di riciclo dell’ossigeno
e dell’acqua, produzione di Co2
- INDIRETTE
attenuazione
o meno delle cause del cambiamento climatico,
moltiplicazione degli spostamenti e conseguenze
sulla creazione di anidride carbonica con nuove infrastrutture
3.3 Lottizzazione del PUC
Nonostante al
punto 3.1.1.3 del PUC si parli di reti
ambientali e di paesaggio, non troviamo corrispondenza di tali elementi in
un disegno urbanistico che individui un progetto
ambientale che deve e può provenire solo dall’amministrazione.
Crediamo
che un disegno fatto per aree e lotti disgiunti, non inseriti in una sequenza
significativa, non sia rispondente alle vere esigenze del territorio.
Sosteniamo che un piano di progettazione urbana debba avere come suo fondamento
un disegno unitario consequenziale di
scelte omogenee, dove le trasformazioni siano concatenate e connesse, giustificate le une con le altre in un disegno territoriale che rispecchia l’idea progettuale dell’amministrazione.
Non troviamo negli strumenti questa intenzione,
nonostante sia ripetuta nelle idee e, anzi,
dentro quelle che dovrebbero essere unità
ambientali paesaggistiche continue,
ritroviamo lottizzazioni figlie del
principio di sacrificio del territorio naturale a servizio delle volumetrie
edificate. Chiediamo che ci sia un
disegno omogeneo di unità territoriali, ambientali e di paesaggio, che
fronteggi la frammentazione e costituisca le linee guida della progettazione
urbana.
3.4 La nuova edificazione in Pineta
Chiediamo che
non sia integrato nel PUC alcun lotto edificabili nell’area satura e completa della Pineta, comprensiva di 1R, 3R e parte del 12R , osserviamo inoltre che alcune U.I. sono in area boscata o in presenza di
uliveti.
La fase speculativa deve necessariamente arrestarsi
e l’amministrazione deve poter rivedere le scelte con un piano che sia la guida di un
progetto di salvaguardia dei valori
architettonici ambientali e paesistici ancora salvi, nessuna giustificazione a un ulteriore incremento di volumetrie in
questa zona può essere valida davanti alla necessità di salvare quel poco di
ambiente rimasto e davanti al pasticcio e alle speculazioni passate che hanno
visto incrementarsi la volumetria al di fuori delle previsioni, riteniamo che
nel
tentativo di correggere errori delle precedenti amministrazioni
sia dovere dell’attuale bloccare definitivamente qualsiasi ulteriore aumento delle cubature e individuare e attuare un percorso di regolamentazione per la
creazione di un'area di salvaguardia architettonica, (che trova concorde
anche il PUC), e di una salvaguardia ecologico ambientale, in
quanto presenti sull’area valori sia botanici che faunistici di pregio.
Sulla base di questi presupposti chiediamo l’inserimento
della Pineta in zona omogenea A.
All’interno della zona 12 in merito alla UI 12.2 Marina Grande chiediamo una
maggior precisione per questa previsione di progetto che pare lastricata di
buone intenzioni.
Come cittadini, davanti all'ecomostro di Marina
Grande, esigiamo delle posizioni chiare e inconfutabili, scevre da
successive interpretazioni e progetti ingannevoli.
Chiediamo che le previsioni volumetriche
siano precisate nel PUC imponendo che, alla demolizione dell’edificio su
spiaggia e alla rinaturalizzazione richiesta, sia contrapposto un non aumento
delle volumetrie esistenti.
3.5 Le
volumetrie non agricole previste in ambito agricolo( Aree extraurbane e non)
Chiediamo che il PUC non preveda ampliamenti o
nuova costruzione che non siano connessi
con la conduzione del fondo agricolo, ovvero che, al punto 5.4 delle Norme di conformità del Territorio
Extraurbano, non sia ammesso l’ampliamento di residenziale puro non agricolo,
ma subordinato anch’esso all’asservimento. Chiediamo che l’applicazione dell’incremento
sia subordinata a una superficie di fondo minima (come vincolato per gli
annessi agricoli), che giustifichi una attività
reale o una proporzione tra l’attività agricola, (l'estensione del fondo o le
giornate lavorative) e la nuova superficie residenziale agricola,
ci opponiamo al triplicamento dell’indice agricolo e chiediamo che l’indice massimo
di 0,1 mq/mq concesso dalle Norme sia ridotto almeno allo 0,05, reputiamo che 1.600 m2 di fondo per un incremento
di 80 m2, ovvero di un’altra unità immobiliare, ci sembrano già un grosso
carico insediativo per un’area che dovrebbe
essere protetta.
Chiediamo inoltre:
●
che la nuova
volumetria sia sovrapposta o annessa e continua con quella esistente, senza
distaccamenti tra l’esistente e il nuovo.
che la nuova volumetria concessa nel rispetto delle
condizioni di ruralità, ovvero di conduzione del fondo,
●
non sia
cedibile a privati non in possesso di tali requisiti per un periodo di tempo
stabilito non inferiore ai 15 anni, al fine di prevenire l'elusione della
normativa
●
che non sia
concessa la trasformazione di aree agricole attive o abbandonate in aree di
sviluppo o trasformazione
●
Precisiamo
che le UI 7.4/4.1/17.3 sono in aree agricole, pertanto ci opponiamo alla loro
trasformazione in unità di intervento e chiediamo una spiegazione della
necessità di costruire volumetrie in aree, sature
e con difficoltà infrastrutturale come
dal piano stesso evidenziato.
3.6 Il distretto
della Piana, scheda 34TR
Le
osservazioni rispetto al piano particolareggiato della PIANA riprendono quanto
detto sopra del non bisogno di nuova edificazione ad uso residenziale, della diseconomia nella perdita di suolo
agricolo, che non riguarda solo la l’economia, ma la salute dei cittadini,
della necessità ormai impellente di salvaguardare con sistemi di protezione
normativi il rimanente tessuto agricolo.
Crediamo che sia indispensabile e urgente che le
residue aree agricole, costituenti frammenti sopravvissuti all'interno del
tessuto urbano, di immenso valore storico, culturale, ambientale ed economico,
siano protette, e tutelate con uno sforzo da parte dell’amministrazione nel
ricercare soluzioni alternative, per tutti i seguenti motivi:
•
perché inserite nel tessuto urbano come pausa e
respiro dall'urbanizzazione necessarie per la qualità della nostra cittadina,
•
perché ultimi residui di terreno agricolo di valore
economico e sociale (la nostra miglior fonte di distribuzione alimentare, e non
solo, a Km 0),
•
perché
costituiscono le fondamenta storiche e sociali della cultura del Paese di
Arenzano;
•
perché
potrebbero dar adito ad attività ed economie floride e di spicco coinvolgendo
cittadini e proprietari
•
perché ogni
ettaro di terreno perso è un notevole danno economico ed ecologico.
•
perché ricordiamo che il 40% del nuovo edificato
residenziale in Italia costruito tra il 2014 e il 2015 è invenduto e il
procedere in questa direzione può portare a realizzare volumetrie che
rimarrebbero vuote, invendute o peggio, non finite per mancanza di fondi. E'
prioritario prevenire situazioni come singoli interventi non programmati e
disomogenei o come il blocco dell’attività per insostenibilità economica del progetto, con conseguente perdita del
valore dello strumento urbanistico,
•
perché un’alternativa
economicamente valida è possibile e anzi auspicabile viste la direzione e il
successo di iniziative analoghe
Osserviamo
che volumetrie previste potrebbero ricollocarsi in altra zona meno preziosa dal
punto di vista sociale, ambientale, alimentare con un’analisi attenta e con
strumenti normativi di supporto da parte dell’amministrazione. Osserviamo
inoltre che nuove infrastrutture viarie
non alleggeriranno la via Marconi strada già in crisi per le dimensioni ma
contribuiranno ad appesantire le 2 situazioni ove situati gli innesti, già di
per se stesse critiche. Notiamo che l’immissione nei pressi del civ 61 di via
Marconi avviene in un
punto molto
critico sia a livello di immissione sia a livello di dislivello, con pendenze
non facilmente gestibili se non con la costruzioni di muri di contenimento che
contribuiranno a creare ulteriori perdite di territorio e frammentazioni delle
superfici verdi, che vengono considerate sempre e solo come ritagli delle opere infrastrutturali,
creando situazioni di degrado e abbandono.
Rifiutiamo la definizione data di “rispetto e ricostruzione di ecosistemi
naturali” nella creazione di verde come scarto
dalle opere urbane, esigiamo come cittadini che la natura di questo sito sia il fulcro generatore del progetto e che quindi questo venga rivisto assumendone
i parametri corretti nel rispetto dei valori dell’intera cittadinanza.
Gli
studi sulla viabilità hanno ormai dimostrato che aumentare il flusso delle
macchine non contribuisce a ridurre e migliorare il traffico ma lo aumenta.
La
pedonalizzazione e la creazione di trasporti pubblici efficienti sono gli unici
strumenti in grado di decongestionare le strade.
La
disincentivazione dell’uso dell'auto è l’unico
reale strumento che permette la
diminuzione e il miglioramento della circolazione.
La nuova viabilità veicolare crea frammentazione del verde soprattutto
verso i rii Fagiani e Sersa, ci opponiamo alla tombinatura degli stessi, pratica irrispettosa nei confronti dell’equilibrio dell’ambiente
naturale precostituito e al non rispetto delle distanze che garantiscono sia
sicurezza che preservazione di corridoi naturali.
Ci
opponiamo al nuovo percorso veicolare
per motivi infrastrutturali ma anche:
•
in quanto
adiacente al corso d’acqua e sul tornante addirittura in contatto con il Rio,
•
in quanto
passante sopra il muro di cinta storico di via Terralba, che sarebbe falciato
dalla nuova strada, ci sembra che via Terralba abbia già pagato un prezzo
abbastanza alto alla speculazione edilizia e chiediamo il rispetto dei valori
storici di quest’area.
Suggeriamo
quindi di abbandonare le vecchie logiche edilizie di sfruttamento del suolo per
ripensare e fornire nuovi assetti e
prospettive, e, ricordiamo, che l’autorizzazione di questo progetto si
porterà dietro la responsabilità della
distruzione dell’ultima traccia storica
della produzione agricola estensiva in Arenzano.
Evidenziamo
inoltre che :
al punto c e
d della norma 34TR la creazione di parcheggi interrati e a raso non riduce il
consumo di suolo come proposto dalla norma ma tutt’altro , chiediamo
che sia imprescindibile posizionare i parcheggi
interrati sotto il sedime dell’abitato ed ci opponiamo a qualsiasi ulteriore
spazio verde pensile di estrema e dubbia qualità.
Il punto e ed f degli obiettivi della norma 34TR
non ci sembrano rispettati in quanto il piano prevede l’occupazione e l’impermeabilizzazione
di più del 50% dell’area di cui le infrastrutture ne sono in gran parte
responsabili.
3.7 L'ampliamento della zona industriale
Nonostante la zona 4 sia satura come lo stesso PUC afferma, il PUC prevede 2 unità di
intervento , contestiamo l’inserimento dell’unità di intervento Ui1.4 in zona
non prevista dalla zonizzazione del vecchio PRG per una gran parte in zona E.
Inoltre chiediamo che venga inserita anche la
possibilità di cambio DU per
capannoni dismessi e fatto uno studio organico dell’ambito con riqualificazione
prevedendo anche per dismissioni in o future dismissioni lo spostamento di
volumetrie con servizi diversi da quelli industriali se superati da necessità
storiche.
4_ PROPOSTE
AL PIANO
4.1 Un piano
urbano che parta dal paesaggio dove le unità ambientali siano le linee guida
territoriali
Nonostante all’interno dei documenti si parli di IDENTITA AMBIENTALI, non troviamo
corrispondenza in un disegno generatore dell’idea di città.
Proponiamo che vengano individuate come linee guida
delle identità ambientali e paesaggistiche sul territorio e queste
stesse poste a supporto dell’idea del progetto
urbano.
Abbiamo
tracciato una bozza, di quello che vorremmo fosse il punto di partenza di una
pianificazione urbanistica moderna, che non necessità di incrementi di
superficie costruita, ma di messa a
sistema del territorio, di coerenza di lettura, di omogeneità, di
valorizzazione, di utilizzo del verde, del paesaggio, e dei vari sistemi ad
esso correlati, come base dell’ambiente in cui vorremmo vivere.
Per la costruzione di quest’idea siamo passati
attraverso lo sviluppo del concetto e l’individuazione delle “unità paesaggistiche” presenti e
rilevanti nel territorio di Arenzano:
-il bosco
-le aree agricole e i percorsi storici connessi
-la linea di costa, le spiagge e le scogliere
-il mare
-i parchi storici monumental
-le aree a servizi pubblici di connessione e tessuto -collagene tra unità ambientali
-il parco del Beigua e le nostre montagne
-le aree agricole e i percorsi storici connessi
-la linea di costa, le spiagge e le scogliere
-il mare
-i parchi storici monumental
-le aree a servizi pubblici di connessione e tessuto -collagene tra unità ambientali
-il parco del Beigua e le nostre montagne
Questi elementi devono trovare una continuità, una omogeneità, sono quelli che creano gli spazi
pubblici intesi come ambiti di interesse pubblico, di vita e relazione, sono
quei corridoi che formano l’identità della Comunità.
I punti di
connessione tra le unità di paesaggio dovrebbero diventare i nodi di
sviluppo del sistema di relazioni, sono quelli che stabiliscono i rapporti, le interrelazioni
tra la città e il territorio e sono quelli che vanno gestiti, individuati e elaborati con dei
progetti urbani pubblici.
Precisiamo
sulle unità ambientali che
>
Il bosco , l’area boscata tra la
Pineta e il Paese, è spesso individuato nei documenti del PUC, (punto 4.2.26
etc) , ma nonostante il riconoscimento formale
della
rilevanza paesaggistica e
caratterizzante della stessa, non troviamo un disegno che chiarisca il suo
rapporto con il resto, non la troviamo protagonista
ma
solo intesa come spazio di ritaglio
delle nuove aree di trasformazione,
addirittura inserite all’interno della stessa e
svincolate le une dalle altre, riteniamo un errore ambientale e urbanistico
frammentarla ulteriormente e reputiamo indispensabile invece salvaguardarne la continuità ed
rafforzarne la connessione con aree limitrofe simili.
>
le aree a servizi pubblici
costituiscono le aree a standard cittadine che garantiscono la continuità del
paesaggio all’interno dell’edificato più fitto dove il verde si dirada, si
struttura e si mescola con i servizi pubblici.
4.2 La creazione di un parco agricolo strutturato
Chiediamo di valutare un reale progetto di recupero
e valorizzazione del patrimonio agricolo che impegni il Comune in primo piano
in veste di promotore. Proponiamo la
creazione di un ambito specifico di tutela delle restanti aree agricole
attraverso l’istituzione di un parco
agricolo intra paese che colleghi la zona di Terralba, la Piana le zone
agricole di via Costa dei Frati fino alla valle del Cantarena e Terrarossa,
La messa a
sistema di questo progetto si attuerebbe attraverso il concatenamento di una
serie di attività eterogenee quali la ristrutturazione
di vecchi percorsi pedonali di
collegamento, la cooperazione con le scuole e la didattica, la creazione di un
sistema di gestione e affitto degli orti, la creazione di zone di
valorizzazione, di studio e vendita dei prodotti agricoli, ecc.
Questo progetto sostenibile non accontenterebbe
solo qualche proprietario terriero a scapito dell’intera cittadinanza, ma
fornirebbe un nuovo spunto turistico, economico e sociale per l’intera
comunità.
integrato di Parco agricolo che sia protagonista di uno sviluppo urbanistico, economico e paesaggistico
del territorio, avvalendosi dell’importantissima memoria storica.
5_OSSERVAZIONI
SPECIFICHE ALLE ZONE
5.1 Zona 1
La zona 1 è strettamente legata con la zona 31,
nonostante il PUC parli di difesa della fascia
boscata tra la pineta e l’Aurelia e lo porti ad esempio di sistema verde
nello specifico “MANTENIMENTO e salvaguardia naturalistica del bosco”,
ritroviamo interventi che ritagliano, limitano e frazionano l’area boscata.
Obiettiamo che se si vuole difendere un ecosistema
lo si deve fare non solo nelle intenzioni, ma
con azioni concrete
chiediamo che la fascia boscata si difesa nella sua
continuità e non ritagliata o spaccata, in quanto proprio e solo la sua continuità ininterrotta ne costituisce_
-elemento paesaggistico di importanza territoriale,
-elemento di
salvaguardia delle specie animali e vegetali che vi abitano, -sistema ecologico
di salvaguardia della fragilità idrogeologica del versante,
le unità di intervento 1.1, 1.2 ,1.3 che si
ritrovano all’interno di questa fascia, non rispondono a questi criteri.
in
dettaglio nell’intervento ui 1.2 è prevista una struttura ricettiva laddove
ne
è già presente una analoga , dall’altra parte della strada, . Inoltre nel
territorio cittadino vi sono altre unità dello stesso tipo da riqualificare, sicuramente
più interessanti e di maggior pregio (albergo Miramare ad esempio).
•
Osserviamo
che la proposta di un polo sportivo
è mancante della specifica del tipo di legame
che avrebbe con gli altri poli sportivi previsti dal Piano, di cui uno
sicuramente interessante in zona piazza Rodocanachi. Inoltre il polo previsto
in questa area rimarrebbe completamente
scollegato con il centro cittadino a
causa dell’ assenza di un percorso di connessione.
•
Proponiamo quindi che venga creato un percorso pedonale ciclabile che funga da rete connettiva tra il centro del
paese, la Colletta e l’Ospedale e che serva i vari impianti sportivi già
esistenti (Maddalena, Pineta, maneggio), con attraversamenti pedonali sicuri
sull’Aurelia.
•
Crediamo che
la creazione di un’ulteriore nuova struttura non sia necessaria in questa zona
e che comunque qualsiasi intervento di nuova edificabilità dovrebbe essere
preceduto da una valutazione a più ampio spettro e dalla redazione di un piano
per le attrezzature sportive che preveda la messa a sistema delle esistenti e delle future .
•
Riteniamo che la creazione di una rete di collegamento fatta di percorsi verdi ciclabili e pedonali che si
dipanano all’interno del territorio comunale
possa definirsi di per sé un sistema
sportivo di buona qualità, (o una struttura sportiva itinerante),
oltretutto mai preso in
considerazione dalle amministrazioni comunali.
Chiediamo quindi di giustificare questa scelta e di
guardare ad alternative che puntino sulla riqualificazione e la congiunzione
dell’esistente.
Chiediamo che
all’interno della zona 1.1a non sia intaccato il bosco e nessuna area naturale
tenuto conto che l’area presenta anche fragilità idrogeologiche Chiediamo i
progetti 1.1b e 1.1 a siano tenuti
aggregati e compattati sul sito già compromesso e possano prevedere anche
la demolizione e ricostruzione del manufatto pre-esistente e la
riqualificazione urbana di un ambito la cui urbanizzazione recente non ha
tenuto in nessun conto di aspetti qualitativi ma solo quantitativi. Ci
auguriamo che l’incremento volumetrico autorizzato in questa sede non sia solo
speculativo ma sia occasione per rigenerare
un pezzo di tessuto urbano
discutibile.
5.2 Zona 5
Chiediamo che venga valutata la possibilità che la
zona del parcheggio attuale dell’Ospedale, s5.7, fortemente disaggregata, sia
valutata per la creazione di un parcheggio multipiano con piazza in quota ad
uso ospedale che soddisfi i parcheggi di interscambio proposti dal PUC in altre
aree naturali.
Crediamo che questa area degradata sia l’occasione
per concentrare aree a parcheggio evitando il sacrificio di aree naturali e per
progettare uno spazio pubblico qui necessario.
Ui 5.2 osserviamo che anche questa volumetria prevista,
una RSA da 120 posti letto, è
situata in ambito boscato e naturalistico, chiediamo di valutare la traslazione
della volumetria utilizzando zone antropiche dismesse e maggiormente inserite
nel contesto urbano,
Crediamo che una struttura in questa area inoltre
rimarrebbe isolata con ulteriore necessità di infrastrutture e quindi conseguente
aumento dell’impatto sul suolo.
Suggeriamo la
valutazione dell’utilizzo del vecchio Ospedale come RSA tramite un accordo con
ARTE
6_OSSERVAZIONI
SULLA MOBILITA
Nel
PUC non viene proposta nessuna visione alternativa alla viabilità attuale. Al Punto
5.1.3 si evince che le possibili soluzioni proposte dall’amministrazione
comunale per far fronte alle criticità in tema di mobilità sono l’allargamento delle sedi stradali
esistenti e una maggiore fluidità
Soluzioni
che equivalgono a un aumento della portata e della velocità, l’esatto
In
riferimento alla costruzione di una nuova viabilità nell’area della Piana non
troviamo alcun elemento che possa giustificarne la fattibilità, ma soltanto
criticità proprie di una scelta dalla marcata impronta anti-ambientalista.
Nello
specifico riteniamo che:
- il suo
stesso posizionamento à 1/3 della via Marconi non svincola il problema su una
parte di esso almeno, e, tenuto conto inoltre che l’automobilista farà sempre la strada più breve, da Arenzano
rimarrà prevalente l’uso di via Marconi,
mentre da ovest la prima parte della suddetta esistente è già larga a
sufficienza, e non sembra quindi portare nessun miglioramento,
Per questi
motivi richiediamo sia fatto uno studio preciso del traffico e della mobilità
che giustifichi la distruzione di aree verdi e di muri di cinta storici per la
creazione di una strada a nostro parere totalmente inutile.
Osserviamo
che la rete di piste ciclabili
previste è indirizzata prevalentemente ad un uso turistico piuttosto che a un
uso quotidiano, lasciando così inespresse le esigenze dei cittadini e di una mobilità veramente sostenibile
che ricopra l’intero territorio e
tutte le esigenze. La nostra visione di mobilità cittadina vede, prioritariamente alla costruzione di nuove strade, lo
sviluppo di una continuità pedonale e
ciclabile che colleghi e serva tutti i quartieri. Chiediamo che all’individuazione di aree di interscambio ai limiti
del centro in aggiunta ai parcheggi esistenti, segua la previsione di percorsi
pedonali e ciclabili che colleghino queste aree con il centro e le aree
turistiche.
CONCLUSIONI
"La lotta contro la distruzione del suolo
italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito di oggi se
si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani. Significherebbe che lo
stato intende vegliare affinché, dopo secoli di distruzione, si salvi quel poco
che resta delle foreste e del suolo delle Alpi e degli Appennini e si
ricostruisca parte di quel che fu distrutto".
(Luigi Einaudi, "Della servitù della gleba in
Italia", 15 dicembre 1951)